Gianni Minà è morto: addio al giornalista testimone del tempo che andava in auto con i Beatles

di Giuseppe Smorto

Gianni Minà è morto: addio al giornalista testimone del tempo che andava in auto con i Beatles

Ha seguito otto mondiali di calcio, sette olimpiadi e innumerevoli mondiali di pugilato. Vicino soprattutto a Muhammad Ali

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Gianni Minà ha passato gli ultimi tempi a raccontare la sua vita su Instagram, e che vita. Non aveva voglia di mostrarsi, non dava interviste, aveva bisogno dei suoi tempi per rispondere, e ormai i tempi delle tv e dei giornali sono diventati feroci. Ha detto tante volte no, però si andava da lui con devozione, aspettando un racconto sulle sue stelle ribelli, Muhammad Ali, Pietro Mennea, Maradona. Proprio Diego gli aveva lasciato un messaggio sulla segreteria poco prima di andarsene, e Gianni ne soffriva ancora.

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L’annuncio della sua morte è stato dato dalla famiglia sui social, che sono anche un modo per misurare la sua straordinaria popolarità. Stava anche su Facebook perché non voleva censure né misure, stava preparando un libro sulla boxe, aveva portato ai Festival il film della sua vita, ma a Bari c’era andata solo sua moglie Loredana, regista. Non si sentiva più nemmeno uomo Rai e aveva lanciato un crowdfunding per riprendersi l’archivio delle immagini.

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Rideva di gusto della gag di Fiorello “Eravamo io…” perché era la pura verità. Casa sua era un misto fra Cinecittà e le Olimpiadi, fra Sanremo e un festival di musica latinoamericana. Passava Monica Bellucci in completo di pelle, e c’era Arbore che suonava, i cubani Moncada che facevano Guantanamera. O Massimo Troisi che portava Jennifer Beals, la ballerina di Flashdance. Ma poteva capitare di pranzare con Frei Betto, teologo della liberazione, che invitava tutti alla preghiera. Gianni Minà era un giornalista magnete e raccontava compiaciuto di quando aveva messo allo stesso tavolo del ristorante García Marquez, Sergio Leone, Muhammad Ali e Robert De Niro. La foto è storica, sulla sinistra c’è una donna che guarda lui, non loro e si chiede: come avrà fatto?

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Per il docufilm Una vita da giornalista aveva ritirato fuori la 500 con cui accompagnò i Beatles in giro per Roma nell’anno di grazia ’65. È vero, arrivarono davanti al Piper e c’era troppa fila, Gianni li portò al Club 84. Forse nacque lì quel suo racconto sui favolosi anni 60, anche se mi viene da dire che l’intera sua esistenza professionale è stata qualcosa di favoloso.

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