La complementarietà delle visioni architettonica e urbanistica

(Da un post FB dell’Architetto Claudio Pardini Cattani)

Nelle “Città invisibili” Calvino ci suggerisce una chiave di lettura sulla questione della differenza tra l’ Architetto e l’ Urbanista, allorchè Marco Polo descrive un ponte, pietra su pietra a Kublai Kan.

  • Ma quale è la pietra che sostiene il ponte? chiede Kublai Kan.
  • Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, – risponde Marco, – ma dalla linea dell’arco che esse formano.
    Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: – Perchè mi parli delle pietre? È solo l’arco che m’importa.
    Polo risponde: – Senza pietre non c’è arco.
    “L’urbanista si occupa dell’arco, l’architetto delle pietre. L’architetto progetta singoli oggetti e definisce le regole secondo le quali essi devono essere costruiti. L’urbanista si occupa di definire le regole secondo le quali essi devono essere composti perchè raggiungano, nel loro insieme, un’armonia e una funzionalità complessive.
    L’architetto disegna la casa dell’uomo, l’urbanista la casa della società…. l’opera dell’urbanista non è solo “disegno” di un assetto formale e funzionale, fisico e sociale, ma è anche gestione del processo di trasformazione degli assetti esistenti.” (Astengo)
    Ma è evidente che ci sia bisogno sia dell’architetto come dell’urbanista, in quanto creatori di processi complementari. Processi che non possono sostituirsi e neppure essere messi in contrapposizione, cosa che purtroppo è successa sul finire del secolo XX° dove assieme alla deregulation urbanistica e all’accantonamento di una visione riformista, si è inteso sostituire il “Piano Progetto” al “Piano Programma”, richiamanti il primo, la visione architettonica, e il secondo, la visione urbanistica. Ad un certo punto si è erroneamente inteso declinare il progetto architettonico secondo una presunta dimensione urbanistica (che non poteva avere), attribuendogli una valenza ordinatrice, programmatoria. Di fatto innescando una deregulation pianificatoria che ha attivato processi speculativi che ha messo in crisi i sistemi urbani. Si è ritenuto cioè di puntare tutto sulle “pietre” e di perdere di vista ” l’arco”, il disegno, la visione.

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