Avevo tempo fa parlato del figlio di una mia amica, 30 anni ingegnere, richiamato al servizio militare. Dopo l’addestramento in Cecenia è stato ricoverato in ospedale per seri problemi renali. La moglie, sola a gestire il bimbo di 1 anno a Mosca, sperava che la malattia potesse riportare a casa il marito. Che invece, all’improvviso, ancora convalescente in ospedale militare, ha ricevuto l’ordine di partire per Rostov. La famiglia si è sobbarcata le spese per gli indumenti adatti alla stagione rigida e soprattutto per gli scarponi, introvabili a Mosca, e fatti prevenire addirittura dalla Polonia, con un rocambolesco giro di cui non posso rivelare i particolari. Sasha quindi parte per Rostov e li’ si interrompono le comunicazioni. Il telefono è vietato come qualsiasi forma di contatto diretto; sappiamo solo che da Rostov si trasferirà al fronte a combattere. Da pacifico cittadino, ingegnere impiegato con buon stipendio e padre di un figlio di 12 mesi, a soldato di trincea, carne da macello. Mi dicono, piangendo, che non si sa se tornerà e in ogni caso “come” tornerà; se mutilato negli arti, ma sicuramente mutilato nella psiche. Questa è la guerra, voluta da pochi e subita da molti, che vivono questa “Operazione Speciale” come una grande sciagura personale e una vera ingiustizia. Una guerra che non risparmia nessuno e che svela un’altra falsità del regime che racconta di arruolare solo volontari.
Parlando sotto un grande emblema con l’aquila bicefala e fiancheggiato dal tricolore russo, Putin ha promesso di continuare la guerra fino al raggiungimento degli obiettivi. Ha continuato poi a giustificare il conflitto, sostenendo che “è stato l’Occidente a volerlo” e ha rispolverato la narrativa dello scontro con i valori stessi dell’Occidente, dove “la pedofilia è diventata la norma”.
“Il popolo ucraino è diventato ostaggio del regime di Kiev e dei suoi padroni occidentali, che hanno occupato questo Paese in senso politico, militare ed economico”, ha ribadito Putin, avvertendo che in questo modo “si vuole trasformare un conflitto locale in un confronto globale”. “Reagiremo di conseguenza, perché è in gioco l’esistenza stessa del nostro Paese”, ha avvertito il leader del Cremlino che nel lungo discorso ha anche lanciato un avvertimento ai “traditori” della patria, ai russi fuggiti all’estero o che collaborano con Kiev: “Saranno perseguiti dalla legge, ma non ingaggeremo una caccia alle streghe”.
Ero a Mosca (dove sono stato a tempi alterni per 4 anni) quando Gorbachev parlava a Bruxelles presentando per la prima volta il concetto di “Casa comune”; quella che univa idealmente i paesi dell’Unione con la Federazione Russa. Chi ha avuto amici o conoscenti russi, sa che con gli italiani c’è un feeling particolare perché ci sono sensibilità simili e lo stesso amore per la cultura nelle sue più ampie espressioni. D’altra parte per un Russo niente e’ più intoccabile della sua Grande Madre e se c’è un modo per compattare il popolo e’ metterlo di fronte alla minaccia di un aggressore “che mette in gioco la stessa esistenza “ della Velikaya Mat’ Rossya. Il pericolo non è Putin e nemmeno chi gli succederà che rischia di essere addirittura peggio ; il pericolo è l’informazione che genera consenso e che prova a convincere la popolazione che il nemico mortale da combattere fino alla fine sia l’Occidente, genericamente inteso come chiunque stia fuori da quella che un tempo era la cortina di ferro ed oggi è una micidiale cintura nucleare .