Articolo di Stefano Cappellini 26 Febbraio 2023 La Repubblica
Dalle scuole ai Palazzi del potere la marcia dell’estrema destra
FIRENZE
Al civico 37 di via Frusa a Firenze, a pochi passi dallo stadio Artemio Franchi, c’è la sezione di Fratelli d’Italia che è anche di Azione studentesca che è anche di Casaggì, spazio identitario o centro sociale di destra, come si preferisce. Ad Azione studentesca, come è noto, appartengono i sei giovani che hanno pestato ragazzi di fede politica opposta davanti al liceo Michelangiolo.
A via Frusa stanno tutti insieme, un’insegna dopo l’altra: FdI, nel simbolo la fiamma che arde sulla bara di Benito Mussolini; As, croce celtica nella versione bretone; Casaggì, la fiaccola che fu già insegna del Fronte della gioventù.
Tre realtà in teoria autonome, in realtà così vicine non solo da condividere lo stesso tetto ma da agire in costante simbiosi. Una specie di co-working nero. All’interno della sede, nel primo pomeriggio di ieri, c’era qualcuno. Ma le porte restano chiuse e le bocche cucite. C’è la consegnadel silenzio.Da Casaggì, come è noto, provengono Alessandro Draghi, consigliere comunale dei Fratelli a Firenze, e Francesco Torselli, capogruppo in Consiglio regionale. Non a caso, i manifesti in cui Casaggì chiede di votare Draghi e Torselli sono gli unici santini elettorali appesi, a parte quello a tutta parete che raffigura una sorridente Giorgia Meloni. Tra gli altri manifesti, uno commemorativo dell’invasione sovietica in Ungheria del 1956, un poster vintage di Fare fronte, vecchia organizzazione giovanile dei tempi del Movimento sociale italiano, cavalieri medievali, catene spezzate e altra iconografia classica del neofascismo.
Per capire quale mondo si scoperchia appena si va a guardare dentro le realtà vicine al partito che esprime la presidente del Consiglio e la maggioranza relativa in Parlamento può essere utile figurarsi due scene. La prima è quella recente di Giorgia Meloni in Sinagoga, già presidente del Consiglio, che si commuove pensando al varo delle leggi razziali. La seconda è invece un poster che era appeso all’interno di Casaggì — Draghi giura a Repubblicache non c’è più da tempo — nel quale sono raffigurati cinque personaggi sotto lo slogan “Vivere l’Idea, essere l’Idea”. L’Idea, a scanso di equivoci, è il fascismo. Tra gli idoli degli identitari — altro storico sinonimo di fascisti — figura Robert Brasillach, giornalista e scrittore francese, convinto nazifascista e antisemita militante che sulla sua rivista Je suis partout pubblicava nome, cognome e indirizzo degli ebrei, un aiuto al governo collaborazionista di Vichy affinché sapesse dove andare a prendere gli uomini e le donne da deportare nei campi di sterminio.
Uno degli altri numi tutelari dell’Idea è il gerarca fiorentino Alessandro Pavolini, ucciso insieme a Benito Mussolini, fondatore delle Brigate nere, aguzzine dei partigiani, protagoniste di alcuni degli episodi più truci della coda della guerra in Italia, tra cui l’apertura del fuoco su una coda di donne in fila per il cibo. Completano il pantheon di Casaggì Leon Degrelle, nazista belga, Evita Peròn e l’incolpevole capo indiano Toro seduto, perché ai neofascisti piace da sempre rappresentarsi come combattenti di una civiltà antica e fiera assediata dai guasti e dai vizi del progresso.
Per questo di fronte alla sede tripartita c’è un murale che raffigura Dominique Venner, il militante della nuova destra francese che una decina di anni fa si suicidò con un colpo di pistola all’interno della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, come estremo segno di protesta contro la sconfitta della Tradizione nel secolarizzato mondo occidentale. Venner, per capirci, era un teorico della sostituzione etnica, il delirio complottista secondo cui le migrazioni verso l’Europa non sono un fenomeno spontaneo ma un piano finanziato dal grande capitale e dalla finanza internazionale (leggi: ebrei) per distruggere la civiltà cattolica e la razza bianca sostituendola, appunto, con il “meticciato”. A naso, il murale di Vender non è opera dei vicini ultrà viola.
Sui quali, comunque, conviene spendere una parola per capire che aria tira. Anche in curva Fiesole, il cuore del tifo viola, storicamente orientata a sinistra, i fascisti si sono conquistati qualche spazio. Nel gruppo egemone della curva, l’1926, data di fondazione della Fiorentina, vige la regola non scritta che la politica debba essere tenuta fuori e gli orientamenti interni sono vari. Tra questi, comunque, anche Casa-Pound, che da lì ha pescato per esempio il candidato sindaco a Scandicci. La presenza dei “fascisti del Terzo Millennio” in curva è diventata evidente dopo un altro parapiglia in una scuola superiore, il Marco Polo, quando spuntò che alcuni degli assalitori erano anche ultrà.
CasaPound ha aperto nel novembre scorso una nuova sede in città, non lontana dall’Isolotto, una specie di circolo culturale chiamato L’Indomabile , che come Casaggì si definisce spazio identitario. La settimana scorsa ha ospitato la presentazione di un libro di Francesca Totolo, nota sui social per la sguaiatezza e l’irruenza della sua propaganda neofascista. Titolo del volume: L’emergenza antifascismo. Il mondo alla rovescia.
I ragazzi che hanno bruciato in piazza la lettera antifascista della preside del liceo Leonardo Da Vinci, Annalisa Savino, appartengono a Blocco studentesco, il ramo giovanile di CasaPound. Tra CasaPound e Casaggì c’è una sostanziale comunanza di vedute — a parte il dettaglio, davvero irrilevante, che i primi sono legati al filone di fascismo laico e pagano e i secondi a quello spirituale e tradizionalista — e dunque c’è aperta competizione, come dimostra il tentativo dei camerati di Bs di rubare la scena a quelli di As.
Attenzione però a pensare che Firenze stia per essere sommersa da un’onda nera. La verità è che in città l’allarme sul neofascismo è salito non tanto perché la situazione sia fuori controllo, ma proprio perchéla città non era abituata. Nei decenni scorsi non ha conosciuto la crescita impetuosa del neofascismo che c’è stata in altre grandi città, per esempio a Roma e Milano. Per questo gli episodi hanno fatto ancora più impressione e, paradossalmente, hanno aumentato la preoccupazione: se anche a Firenze succede questo, significa che la situazione può sfuggire di mano.
Ovviamente ha pesato anche l’evidente vicinanza degli squadristi fiorentini al partito della presidente del Consiglio, che sul caso ha evitato di spendere una parola, indirettamente bacchettata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che non ha ritenuto si potesse glissare. In quale altro Paese occidentale, del resto, a parte i vichinghi di Trump e Bolsonaro, è capitato chesostenitori di una forza politica al governo fossero protagonisti di episodi di violenza pubblica?
La vicinanza di Azione studentesca a FdI è testimoniata anche dal fatto che, dopo l’uscita di scena dello storico leader Anthony La Mantia, una delle figure di riferimento dell’area giovanile identitaria è diventata quella di Simone Sollazzo, consigliere nel Quartiere due, a sua volta vicino a Draghi.
Firenze non è una città qualunque per Meloni. Resta uno degli ultimi fortini ancora da espugnare. Qui c’è anche uno degli uomini più vicini a lei, il deputato Giovanni Donzelli, che però è cresciuto in una filiera diversa da Casaggì, anzi in aperta contrapposizione interna. Quando Donzelli militava nel Fuan, l’organizzazione degli universitari del Msi prima e di An poi, i rapporti erano già di rivalità. Anche Donzelli, comunque, ha taciuto sul pestaggio, senza fare onore al suo soprannome ai tempi dell’università: Skorpion, come la mitraglietta, in omaggio all’oratoria convulsa e irrefrenabile, che si è inceppata solo quando c’era da condannare i fatti del Michelangiolo.
